Benessere
Da un punto di vista psicologico il benessere consiste nel sentirsi bene ma anche nell’essere percepito bene, ossia sentirsi adeguato, accolto, accettato e considerato!
Nell’unione europea lo stress legato all’attività lavorativa è il problema di salute maggiormente diffuso dopo il mal di schiena, interessa il 28% dei lavoratori e incide su oltre un quarto delle assenze sul luogo di lavoro sotto forma di vari problemi di salute. Ecco perché ci deve interessare acquisire degli strumenti per conoscere, prevenire e fronteggiare il distress.
STRESS POSITIVO O NEGATIVO?
DISTRESS (negativo): produce effetti negativi, come deterioramento delle prestazioni, depressione, risposte inappropriate
Come nasce lo stress?
Gli stressor possono essere numerosi e di svariata natura:
- Fattori ambientali
- Fattori relativi alla progettazione, organizzazione e gestione del lavoro
- Rumore
- Vibrazioni
- Temperature
- Presenza di sostanze tossiche
- Malattie ed infezioni
- Posture e movimentazione carichi
- Fattori personali
- Fattori familiari
- Fattori sociali
Stressor organizzativi
il lavoratore non è in grado di misurare il tempo di esecuzione dei lavori richiesti.
Contenuto e complessità del lavoro: il lavoratore si sente frustrato ed ha la consapevolezza di non essere in grado di svolgere il compito assegnatogli.
Spesso è causato da scarsa o inesistente formazione prima dell’inserimento.
Monotonia del lavoro e carenza di stimoli.
Difficoltà ad accettare nel proprio lavoro la presenza di macchinari che soppiantino il lavoro manuale.
Senso di inadeguatezza rispetto al ruolo coperto: nei lavoratori che svolgono compiti di responsabilità si manifesta l’impotenza di essere all’altezza del ruolo svolto o viceversa frustrazione derivata dalla percezione che la responsabilità sia troppo bassa rispetto alle competenze personali e professionali.
Atteggiamento di aggressività: quando il lavoratore vede nei colleghi dei possibili rivali.
Atteggiamento di invidia: si manifesta quando un collega viene identificato come colui che ha lo stipendio più alto o poco meritato.
Sintomi
Alcuni sintomi fisiologici:
palpitazioni, nausea, cefalea, cervicalgia, disturbi digestivi.
Alcuni sintomi cognitivi:
difficoltà a concentrarsi, ad apprendere, a memorizzare, a mantenere l’attenzione.
Alcuni sintomi emotivi:
ansia, depressione, irritabilità, apatia, disturbi del sonno, attacchi di panico.
Alcuni comportamenti:
abuso di sigarette, alcolici, cibo, psicofarmaci e droghe.
COME RICONOSCERE UNA PERSONA IN FORTE DISTRESS?
Atteggiamenti di fuga dal lavoro:
• Assenteismo • Frequenti ritardi • Pause prolungate
• Svogliatezza • Sonnolenza sul lavoro
• Infortuni ripetuti • Decremento della performance
• Aumento del numero di errori • Scarso rendimento
• Variazioni di peso • Insonnia • Ansia • Attacchi di panico • Disturbi delle relazioni interpersonali • Sabotaggio
• Immedesimazione e dedizione maniacale • Abuso di sostanze • Reazioni depressive
Prevenzione
• Ottimizzazione degli ambienti e dell’attrezzatura
• Pianificazione dei compiti
• Carico, ritmo di lavoro
• Orario di lavoro
• Buona funzione e cultura organizzativa, che passa innanzitutto attraverso una buona comunicazione
• Definizione e valorizzazione del ruolo nell’ambito dell’organizzazione
Diagnosi precoce
E’ importante che vengano rilevati direttamente o indirettamente quei sintomi fisici, comportamentali e psico- emozionali responsabili di un evidente cambiamento da una condizione psicofisica normale.
Tali informazioni vanno immediatamente trasferite al medico competente.
Protocolli riabilitativi supportati da competenze sanitarie specifiche
Valutazione
Secondo l’ Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza del Lavoro, “Lo stress è il secondo problema di salute legato all’attività lavorativa riferito più frequentemente e colpisce il 22% dei lavoratori dei 27 Stati membri dell’UE (dati del 2005)”.
In base alle stime più recenti, la percentuale di lavoratori esposti a rischio di stress lavoro correlato si aggirerebbe tra il 27% ed il 30% dell’intera forza lavoro nella Unione Europea, corrispondente in termini assoluti, adottando un atteggiamento prudenziale, a circa 54 milioni di lavoratori: poco meno dell’intera popolazione italiana.
Dei 54 milioni di lavoratori europei esposti a rischio di stress lavoro correlato, nemmeno uno si trova in Italia: lo certificano in modo inoppugnabile le migliaia di valutazioni del rischio da stress lavoro correlato effettuate dai datori di lavoro, coadiuvati dai loro consulenti, seguendo rigorosamente il “percorso metodologico” suggerito dalle indicazioni fornite dalla Commissione Consultiva ex art. 6 del D.Lgs. 81/08 nel novembre 2010.
Il percorso metodologico definito dalla Commissione, ripreso e fatto proprio dall’INAIL prevede i seguenti step:
1) Valutazione preliminare con“indicatori di rischio oggettivi” valutati mediante “liste di controllo”. Gli autori hanno ritenuto che la percezione soggettiva dei lavoratori non fosse un elemento meritevole di essere presa in considerazione. Nel caso la valutazione abbia “esito negativo”, nessuna ulteriore azione è richiesta salvo il monitoraggio periodico con le stesse procedure.
2) Nel caso invece la valutazione preliminare abbia un “esito positivo” si procede alla pianificazione ed all'adozione degli opportuni interventi correttivi”. Solamente se questi ultimi si rilevano inefficaci, si passa alla “valutazione approfondita” e, solo a questo punto, si può prendere in considerazione “la percezione soggettiva dei lavoratori”.
Sulla base delle migliaia di documenti di valutazione dei rischi redatti nella maggior parte delle aziende italiane, possiamo affermare con orgoglio che lo stress lavoro correlato si presenta pressoché dappertutto a livelli bassi o francamente inesistenti.
Nei pochissimi casi in cui siano stati evidenziati isole di livello “medio” (colorazione gialla secondo il manuale INAIL), le misure prontamente adottate dai datori di lavoro hanno prodotto la riconduzione dei livelli di rischio in area verde, non dovendosi pertanto ricorrere in pressoché nessun caso alla fase della “valutazione approfondita”.
Il percorso metodologico sopra indicato, ed il successo straordinario da esso ottenuto, si fonda sull’assunto che, contrariamente a quanto generalmente finora riconosciuto a livello scientifico e ripreso anche dall’accordo europeo del 2004, la rilevazione della percezione soggettiva dei lavoratori per la determinazione dei livelli di stress lavoro correlato non sia rilevante per affrontare il problema, ma possa tuttavia essere presa in considerazione in un secondo tempo, a fronte di un eventuale insuccesso delle fasi precedenti; insuccesso peraltro, visti i risultati ampiamente positivi, del tutto improbabile.
Valutazione dei rischi e tutela normativa
Il concetto di stress è ufficialmente entrato nel contesto della tutela della salute e sicurezza sul lavoro in Italia - Accordo Europeo 2004, Recepimento italiano 9 giugno 2008 D.LGS. 81/2008.
Direttive europee e nazionali
- Direttiva 89/391/CEE concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.
- Commissione delle Comunità Europee (Bruxelles, 11/03/2002): “Adattarsi alle trasformazioni del lavoro e della società: una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza 2002-2006”.
- Commissione delle Comunità Europee (Bruxelles, 21.02.2007): “Migliorare la qualità e la produttività sul luogo di lavoro: una nuova strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro” ,
- Comunicazione della Commissione delle Comunità europee: Promuovere un quadro europeo per la Responsabilità Sociale delle Imprese.
- Bruxelles, 18.7.2001, Comunicazione della Commissione delle Comunità europee: Migliorare la salute mentale della popolazione.
- Bruxelles, 14.10.2005, Circolare INAIL n. 71 del 17 dicembre 2003: Disturbi psichici da costrittività organizzativa sul lavoro. Rischio tutelato e diagnosi di malattia professionale.
- Adattarsi alle trasformazioni del lavoro e della società: una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza, 2002/2006:
• La strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro deve accompagnare le trasformazioni e le nuove esigenze al fine di promuovere un vero "benessere sul luogo di lavoro", che sia tanto fisico quanto psicologico e sociale, e che non si misuri semplicemente con l'assenza di infortuni o di malattie professionali.
• Le malattie considerate emergenti, quali quelle dovute allo stress, la depressione o l'ansia, nonché la violenza sul luogo di lavoro, le molestie e l'intimidazione rappresentano ben il 18% dei problemi di salute legati al lavoro, un quarto dei quali comporta un'assenza dal lavoro pari o superiore alle due settimane.
Tali patologie appaiono non tanto legate all'esposizione ad un rischio specifico, quanto ad un insieme di fattori quali l'organizzazione dei compiti, le modalità degli orari di lavoro, i rapporti gerarchici, la fatica dovuta ai trasporti, ma anche al grado di accettazione della diversità etnica e culturale nell'impresa.
Tali patologie devono essere valutate in un contesto globale definito come "benessere sul luogo di lavoro".
“Migliorare la salute mentale della popolazione. Verso una strategia sulla salute mentale per l'Unione europea" Mentre la salute mentale incentiva la capacità lavorativa e la produttività, cattive condizioni di lavoro, comprese le intimidazioni da parte di colleghi, comportano problemi psichici, assenze per malattia e maggiori costi.
Libro verde della Commissione, 14 ottobre 2005
Fino al 28% dei lavoratori dipendenti europei segnala situazioni di stress sul lavoro. Gli interventi volti a promuovere la capacità individuale e a ridurre i fattori di stress nell’ambiente di lavoro migliorano la salute e favoriscono lo sviluppo economico. L’obiettivo della strategia è di ridurre (nel periodo 2007-2012) del 25% l’incidenza degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.
Lo stress è il secondo problema di salute legato all’attività lavorativa riferito più frequentemente.
Lo stress interessa quasi un lavoratore europeo su quattro.
Dagli studi condotti emerge che una percentuale compresa tra il 50% e il 60% di tutte le giornate lavorative perse è dovuta allo stress.
Nel 2002 il costo economico dello stress legato all’attività lavorativa nell’UE-15 era di circa 20 000 milioni di euro.
Il numero di persone che soffrono di stress legato all’attività lavorativa è destinato ad aumentare.
Lo stress da lavoro aumenta il rischio suicidario tra gli insegnanti.
Una ricerca del sindacato NASUWT (National Association for School Masters/Union of Women Teachers) ha rilevato che le pressioni sugli insegnanti incrementano il rischio di depressione e suicidi.
Tre suicidi in poche settimane nel parco di divertimenti di Disneyland Paris: tutti legati a stress da lavoro (ANMIL, Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro).
Cosa è cambiato rispetto al D. Lgs. 626/94?
Art. 28 (Comma 1) La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi.
LO STRESS SECONDO SELYE
Selye nel 1936 diede la definizione di sindrome di adattamento generale (GAS) per indicare la reazione biologica ad uno stress fisico intenso e prolungato:
• Reazione di allarme: generale attivazione di tutti i meccanismi di difesa dell'organismo
• Resistenza: protrarsi dello stimolo stressante
• Esaurimento
I sistemi fisiologici coinvolti nella risposta da stress sono il Sistema Nervoso Autonomo (SNA) e l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene.
Asse ipotalamo-ipofisi-surrene
REAZIONE DI ALLARME
Iperattivazione del SNA che determina:
percezione del pericolo, innalzamento della soglia attentiva, aumento della pressione sanguigna, tachicardia, sudorazione ecc.
Queste modificazioni fisiologiche, conseguenza di fattori stressanti, permettono all'individuo di incrementare le proprie prestazioni e ottenere risultati migliori.
Il tutto grazie alla capacità della mente di focalizzare l'attenzione sul problema, preparando il corpo ad una reazione adeguata, caratterizzata dallo sfruttamento di tutte le risorse a disposizione (zuccheri, grassi, ecc.).
Se lo stress è di breve durata, tutto si risolve in questa fase.
Il sistema nervoso autonomo (SNA) si attiva autonomamente ed automaticamente, senza che si debba fare niente di specifico.
L'attivazione è di competenza del sistema simpatico.
Il meccanismo che invece ci permette di riportare le funzioni vitali in uno stato di rilassamento è il sistema parasimpatico.
L'omeostasi è un equilibrio dinamico tra le due branche del Sistema Nervoso Autonomo: Sistema Nervoso Ortosimpatico e Sistema Nervoso Parasimpatico
Riposo e Digestione
Prevale il Parasimpatico: la notte, l'anabolismo
Lotta e fuggi
Prevale il Simpatico: il giorno, il catabolismo
RESISTENZA
Il protrarsi dello stimolo stressante determina l'aumento della secrezione di glicocorticoidi (cortisolo) da parte della corteccia surrenale, Con il tempo tale reazione ha effetti dannosi per l'organismo. Questa fase può durare a lungo e corrisponde al periodo durante il quale l'organismo modifica l'assetto metabolico generale per far fronte agli effetti negativi dello stressor.
Ecco che è spiegata la differenza tra eustress e distress:
il primo è in grado di aiutarci in molte situazioni (ad esempio per superare una prova d'esame),
il secondo non porta ad un adattamento dell'individuo.
ESAURIMENTO
Se la seconda fase dura a lungo, può a questo punto sopravvenire una terza fase, definita di esaurimento, durante la quale vien meno lo sforzo adattivo e l'organismo rischia di perdere la capacità di resistenza di fronte a eventi lesivi.
Solo se la risposta dell'organismo è adattiva si riesce a mantenere l'omeostasi
L'omeostasi è la condizione di stabilità interna degli organismi che deve mantenersi anche al variare delle condizioni esterne, attraverso meccanismi autoregolatori.
Le "REAZIONI OMEOSTATICHE" indicano i mezzi per mantenere la stabilità.
RICAPITOLANDO
STRESS: alcune definizioni …
• Lo stress non è una malattia ma una esposizione prolungata allo stress può ridurre l’efficienza sul lavoro e causare problemi di salute.
• La caratteristica dello stress, inteso come sindrome generale di adattamento, è quella di essere una reazione soggettiva aspecifica, uguale di fronte a stimoli diversi fra loro.
• Lo stress è una reazione tipica di adattamento del corpo ad un generico cambiamento fisico o psichico; è una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro.
Quattro tipi fondamentali di stress
Sovrastress (iperstress)
Sottostress (ipostress)
Stress positivo (eustress)
Stress negativo (distress)
Stress legato all'attività lavorativa
Lo stress si manifesta quando le persone percepiscono uno squilibrio tra le richieste avanzate nei loro confronti e le risorse a loro disposizione per far fronte a tali richieste.
Lo stress diventa un rischio per la sicurezza e la salute quando è prolungato nel tempo.
Lo stress può portare a problemi di salute mentale e fisica.
Benessere sul lavoro
Il benessere sul lavoro non è solo assenza di malattia o di infortuni, quanto una dimensione complessa che mette l’essere umano in grado di dare significato al proprio lavoro (e dunque alla propria vita) attraverso processi sociali e culturali come le relazioni interpersonali, l’espressione creativa della propria identità, l’apprendimento di nuove abilità, l’attribuzione di significato alle proprie azioni.
Valutazione del rischio
Normativa: responsabilità del datore di lavoro
Dal punto di vista giuridico, i datori di lavoro hanno l’obbligo di gestire lo stress legato all’attività lavorativa al pari di qualsiasi altro rischio per la salute e la sicurezza presente sul luogo di lavoro.
Lo stress legato all’attività lavorativa si può prevenire adottando azioni appropriate. Fondamentale a tale proposito è la valutazione dei rischi.
I datori di lavoro hanno l’obbligo giuridico di effettuare regolarmente una valutazione del rischio sul posto di lavoro.
Articolo 18 - Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3 e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza.
In cosa consiste la valutazione del rischio?
La valutazione del rischio è un processo di valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, derivanti da pericoli presenti sul luogo di lavoro.
Consiste in un esame sistematico di tutti gli aspetti dell’attività lavorativa per stabilire: cosa può provocare lesioni o danni, se è possibile eliminare i pericoli e, nel caso in cui ciò non sia possibile, quali misure preventive o di protezione devono essere messe in atto per controllare i rischi.
La valutazione del rischio è la base per una gestione efficace dello stress legato all’attività lavorativa.
La valutazione del rischio concernente lo stress richiede l’adozione degli stessi principi e processi basilari di altri rischi occupazionali.
Sono disponibili diversi metodi; tuttavia, per la maggior parte delle imprese può risultare positivo un semplice approccio in cinque fasi:
1. individuare i pericoli e le persone a rischio
2. valutare e attribuire un ordine di priorità ai rischi
3. decidere quali azioni preventive adottare
4. intervenire con azioni concrete
5. controllare e revisionare
Misure preventive
La chiave per prevenire lo stress legato all’attività lavorativa va ricercata nell’azienda e nella gestione del lavoro.
Tra le misure efficaci di prevenzione dello stress legato all’attività lavorativa vi sono:
• lasciare ai lavoratori il tempo necessario per eseguire le loro mansioni
• fornire descrizioni chiare dell’attività da svolgere
• gratificare i lavoratori che assicurano buone prestazioni
• consentire ai lavoratori di presentare lamentele e considerare tali lamentele seriamente
• permettere ai lavoratori di avere il controllo delle loro attività
Efficacia delle misure preventive
La valutazione dei rischi dovrebbe essere rivista:in caso di variazioni significative alla progettazione, all’organizzazione e alla gestione del lavoro, se le misure preventive in atto sono insufficienti o non sono più adeguate con sistematicità, per garantire che i risultati della valutazione dei rischi siano sempre pertinenti.
CORRIDOIO "CASA-LAVORO"
Azioni di miglioramento
(Accordo Europeo 08/10/04)
2. Formazione dei dirigenti e dei lavoratori: per migliorare la loro consapevolezza e la loro comprensione nei confronti dello stress, delle sue possibili cause e del modo in cui affrontarlo, e/o per adattarsi al cambiamento.
3. Informazione e consultazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti, in conformità alla legislazione europea e nazionale, ai contratti collettivi e alle prassi.
SINDROMI LEGATE ALLO STRESS
BURN-OUT
Burnt-out in inglese significa "bruciato", e indica il momento in cui un lavoratore ha un crollo psicologico.
Il burn-out è un disturbo derivante da stress e da specifici fattori.
Si verifica quando l’organismo risponde ad una serie di situazioni vissute in modo traumatico (amarezze, delusioni, traumi indiretti…), sostenute per lunghi periodi.
Processo che porta al burn-out. Eccesso di responsabilità: per motivi affettivi o per senso del dovere, il lavoratore si carica di responsabilità relative al suo servizio, rimuovendo i bisogni personali.
Per essere all'altezza del ruolo il lavoratore non tiene in considerazione i propri bisogni, relativi al suo ruolo e/o alla comprensione reciproca.
A questo punto, il lavoratore sviluppa rifiuto per il ruolo, e, di conseguenza, senso di colpa.
La reazione che segue è "riparativa" e il lavoratore si obbliga ad una superprestazione: cioè a fare ancora meglio e ancora di più. In seguito a quest'ultima costrizione, il lavoratore cede e "scoppia“, va cioè in crisi personale e sviluppa malevolenza e desideri di sabotaggio nei confronti del servizio.
MOBBING
In italiano è comunemente conosciuto come molestie morali sul luogo di lavoro”.
Si caratterizza per atti e comportamenti discriminatori o vessatori protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di lavoratori dipendenti, pubblici o privati, da parte del datore di lavoro o soggetti in posizione sovraordinata, o da altri colleghi, che si caratterizzano come una vera e propria forma di persecuzione psicologica o di violenza morale.
Chi sono i protagonisti:
• il mobber: l’aggressore, colui che attua il mobbing
• il mobbizzato: la “vittima”, colui che subisce il mobbing
• il side-mobber: il collega “spettatore” che, pur percependo i segnali di azioni mobbizzanti, fa finta di nulla.
Le lesioni da mobbing rientrano nella categoria della malattia professionale più che in quella dell’infortunio sul lavoro, in quanto la definizione della prima si adatta meglio alle caratteristiche del mobbing.
Tipologie di mobbing psicosociale
1. Verticale, discendente o dall’alto. La violenza psicologica viene posta in essere nei confronti della vittima da un superiore.
Possibili cause:
− La persona è diventata scomoda;
− Competizione;
− Minaccia alla immagine sociale;
− Differenza di età;
− Antipatia personale;
− Conformismo;
− Ragioni politiche.
2. Orizzontale, ascendente o dal basso. l’azione discriminante è messa in atto dai colleghi nei confronti del soggetto colpito. Il pensiero dominante dei colleghi è di esautorare il lavoratore.
Possibili cause:
− Competizione;
− Preferenze del capo;
− Invidia;
− Razzismo;
− Campanilismo;
− Fede politica.
1. Mobbing combinato: le azioni persecutorie sono attuate sia in senso orizzontale che verticale
2. Mobbing diretto: le violenze psicologiche sono dirette sulla persona oggetto di mobbing
3. Mobbing indiretto: gli atti vessatori sono indiretti e possono essere attuati sull’ambiente di lavoro, sulla famiglia o sugli amici della vittima delle persecuzioni psicologiche
1. Mobbing leggero. Si verifica quando gli atti vessatori sono molto sottili, poco appariscenti, ma non per questo poco pericolosi
2. Mobbing pesante. Si sviluppa quando le azioni sono attuate in forma palese e violenta, e in quanto tali risultano maggiormente visivi e di conseguenza, più facilmente contrastabili
Tipologie di mobbing psicosociale
1. Mobbing involontario. Avviene quando un lavoratore, a seguito di un periodo di stress, diviene irritabile, irascibile con comportamenti aggressivi nei confronti dei suo colleghi. È un tipo di mobbing passeggero perché quando il periodo di stress e di pressione finisce, il comportamento del soggetto torna ad essere normale
2. Serial mobbing. Avviene quando un impiegato cerca di mettere in condizioni di mobbing un lavoratore dopo l’altro. Secondo le ricerche effettuate in Inghilterra da Field (1999), questo è il tipo di mobbing più comune.
3.Mobbing collettivo. Quando colpiti da atti discriminatori sono gruppi di lavoratori (ristrutturazioni aziendali, prepensionamenti, cassa integrazione)
4. Mobbing individuale. Quando oggetto è il singolo lavoratore.
5. doppio mobbing. Quando una persona messa in condizione di mobbing finisce per perdere il sostegno della famiglia (la violenza subita sul posto di lavoro diventa il suo unico e ossessivo argomento di conversazione, per cui i parenti, anche quelli che gli sono normalmente più solidali, tendono ad evitarlo pur di non ascoltarlo più). Si tratta di un fenomeno caratteristico delle culture dell’Europa meridionale e particolarmente diffuso nella realtà italiana (Ege, 2000).
Il mobbing come processo
Il mobbing non è un comportamento stabile, bensì un processo che evolve attraverso differenti stadi.
Leymann, nel 1996, teorizza un modello a 4 fasi.
1^ fase: il conflitto quotidiano
2^ fase: maturazione del conflitto
3^ fase: errori ed abusi anche non legali della Direzione del Personale
4^ fase: esclusione dal mondo del lavoro: trasferimento ad incarico di minore importanza, continui spostamenti, prepensionamento, lunga malattia, ricovero in ospedale, liquidazione
Le conseguenze del mobbing per la vittima:
conseguenze di tipo socio-emotivo (depressione, ansia, ossessioni, attacchi di panico, isolamento, anestesia reattiva, senso di depersonalizzazione);
conseguenze psicofisiologiche (cefalea, vertigini, disturbi gastrointestinali, tachicardia, manifestazioni dermatologiche, disturbi del sonno e della sessualità);
conseguenze sul comportamento (disturbi alimentari, abuso di alcool, fumo e farmaci, reazioni auto/etero aggressive, passività)
Le conseguenze del mobbing per l’organizzazione:
Per l’organizzazione di lavoro il mobbing rappresenta una fonte di costi, dovuti a:
• perdita di produttività ed efficienza sia della vittima che dei gruppi di lavoro in cui essa è inserita
• aumento delle assenze per malattia
• crescita del numero di prepensionamenti
• incremento delle vertenze.
BOSSING
Esso si caratterizza per il proposito di eliminare una o più persone indesiderate secondo una fredda strategia aziendale volta alla riduzione e razionalizzazione, compiuta dall'alto del personale dirigenziale (da qui il termine “boss”) che in maniera sistematica comincia a mettere in atto vari comportamenti per raggiungere la finalità desiderata.
Anche se ormai esso è ampiamente diffuso e conosciuto ( si pensi che in Europa il 15% dei lavoratori dichiara di vivere con disagio l’esperienza lavorativa e di aver subito almeno una volta nella carriera un episodio di Mobbing o di Bossing ), si tende comunque a sottovalutarlo, e a identificarlo semplicemente come una temporanea condizione personale di stress e di disagio personale.
La pratica del Bossing prende forma e si attua come conseguenza pratica di una strategia aziendale studiata a tavolino, portata avanti con comportamenti simili a se stessi e perfettamente lucidi.
Generalmente questa “guerra fredda ai lavoratori” ha l'obiettivo di indurre al licenziamento spontaneo il personale dipendente o una singola persona indesiderata, senza che questi soggetti possano avvalersi delle Leggi a loro favore o del supporto dei sindacati. I motivi sono vari e dipendono da situazioni contestuali sempre differenti.