"Bello lavorare da casa! Che meraviglia lo smart working!"- dicono in molti.
Ma è davvero così bello per tutte le persone?
Molte ricerche affermano e confermano che chi lavora di più in casa in faccende domestiche è la donna.
Lavoro in casa e smart working: cosa significa per una donna? Semplicemente, lavorare il triplo: come moglie e come mamma, come casalinga, come smart worker!
Possiamo sicuramente dire che nella soluzione smart working, conseguenza del lockdown da coronavirus, di smart, agevole, per le donne, non c'è proprio nulla.
Il lavoro a distanza, adottato in seguito alla pandemia da covid-19, ha reso le case sempre più una gabbia stretta che un vero e proprio luogo di relax.
La casa è diventata troppo grande per chi deve gestire lavoro domestico e professionale, troppo piccola per chi lavora a distanza con l'intera famiglia in casa o addirittura nella stessa stanza.
I bambini che urlano "mamma!", il marito che chiede "dov'è il telecomando?" e le mamme/mogli/lavoratrici che tentano di soddisfare tutti.
Le scuole chiuse e i figli a casa, il lavoro da casa e le riunioni aziendali, le richieste insistenti dei piccoli di casa annoiati, i mariti poco abituati alle mura domestiche … rappresentano ancora una volta un fardello che grava prevalentemente sulle donne.
Dunque, per le donne possiamo parlare di "Smart working" o di "Extreme working"?
Le ricerche hanno mostrato che causa emergenza covid, 1 donna su 3 lavora molto più di prima, accollandosi tutta la responsabilità della casa e della famiglia, una responsabilità condivisa in precedenza, almeno in parte, da tutti i componenti della famiglia, sia grandi che piccoli, ad ognuno i propri compiti. Questo inevitabilmente ha portato ad un aumento della fatica non solo fisica ma anche psicologica da parte delle donne, al fine di conciliare lavoro professionale e domestico.
Abbiamo praticamente donne h24 a lavoro!
L'idea che le riunioni di lavoro, il telelavoro, le richieste di mariti e figli, i momenti di gioco con i figli, i momenti per sé, cucinare, pulire, stirare... potevano trovare un accordo sereno tra loro è andata in fumo.
Lo smart working richiede concentrazione e disciplina nell’orario, quindi anche una postazione di lavoro tranquilla, che spesso manca in una casa.
Da varie ricerche è emerso che circa il 40% delle donne vive un periodo di confusione caratterizzato da ansia, stress e rabbia.
La "resilienza", ovvero la capacità di rialzarsi dagli eventi avversi della vita, è un aspetto di estrema importanza, al fine di fronteggiare questa situazione di emergenza.
La speranza è l'emozione che attualmente più accomuna le donne in questo periodo.
Questa esperienza potrebbe aiutare a sviluppare una maggiore co-responsabilitá genitoriale in modo da equiparare , o almeno "distribuire", il carico del lavoro domestico e familiare?
Lo smart working, infatti, ha anche i suoi aspetti positivi.
Permetterebbe alle donne di avere pari vantaggi di genere. Potremmo così definire il lavoro agile come meritocratico oltre che positivo per l'ambiente, essendo "un mezzo" idoneo alla riduzione dello smog causato dal traffico.
Le aziende potrebbero averne un guadagno economico, in termini di spazi - affitti più bassi a fronte di spazi più piccoli - e in termini di spesa consumi - bollette alleggerite -, mantenendo alta la produttività del lavoro e responsabilizzando chi lavora da casa.
Insomma, lo smart working non è né buono e né cattivo, ha punti di forza e punti deboli.
Ma quando quest'incubo del covid-19 sarà finito e finalmente si tornerà alla tanto attesa normalità, si cercherà di negoziare al meglio per una modalità lavorativa che non veda differenza di genere e che preservi le condizioni di famiglia?
I mariti, che in questo periodo hanno avuto modo di stare più in casa e dunque di osservare più da vicino il lavoro della donna in casa, saranno disponibili a cooperare di più nella gestione familiare?